Tavernello? Il miglior vino (tecnico) d’Italia

Titolo volontariamente provocatorio per risvegliare le ire degli appassionati, ma passato il sangue alla testa, posso assicuravi che non è stato detto nulla di falso. Il Tavernello, così come San Crispino, Galassi (Cevico),… producono i migliori vini d’Italia dal punto di vista tecnico-qualitativo.

Cerchiamo subito di mettere in chiaro una cosa: parliamo di qualità tecnica, non di eccellenza o di qualità edonistica soggettiva. La definizione di qualità definita dall’ISO dice:

 

LA QUALITÀ È DATA DALL’INSIEME DEGLI ATTRIBUTI ATTI A SODDISFARE LE ESIGENZE IMPLICITE ED ESPLICITE DI CHI USA QUEL PRODOTTO O QUEL SERVIZIO

 

Definizione che, in questo caso, non va ad intaccare la sfera dell’eccellenza o del significato “vino” più intimo e soggettivo. Infatti non va fatto un paragone con tutti quei prodotti vitivinicoli che hanno improntato il loro lavoro sul terroir, l’autenticità, l’emozione e il vino di “alta gamma” (permettetemi il termine), perché sarebbe come paragonare prodotti troppo distanti tra di loro. Il Tavernello e simili giocano una partita a se.

Ma come fa Tavernello (e gli altri) a mantenere sempre alta la qualità tecnica? E perché spende tante energie e soldi per questo?

La risposta sta nella quantità di produzione e di guadagno del marchio di Caviro. Tavernello produce all’anno circa 1 MLN e 200 mila ettolitri (1.200.000 hl), come tutto il Friuli messo insieme (più o meno), mentre la produzione nazionale si attesta tra i 45 ed i 50 MLN di ettolitri (2017 probabilmente sotto i 40 visto le varie piaghe bibliche abbattutesi sul territorio nazionale).

Quindi, al netto di annate bislacche, parliamo di 1 MLN di ettolitri su 45 MLN prodotti, con vigne, quelle del colosso del vino in brik, con produzione media di 250 q/ha e picchi a 300-350 q/ha.

Con produzioni così diventa quindi fondamentale avere standard tecnici-qualitativi alti e standardizzati (scusate la ripetizione).

Ci sono varie tecniche per “standardizzare” qualitativamente un vino, ma la più interessante è la metodologia di vinificazione: in pratica una volta pigiata l’uva si andranno ad utilizzare flottatori in continuo per ottenere mosti a 20-30 NTU. Per chi non è pratico stiamo parlando di un liquido nel quale non si nota toribidità, ma non brillante.

Naturalmente un mosto così limpido non potrà gestire una Fermentazione Alcolica, cosa che viene risolta aggiungendo cellulosa, derivati di lievito, integrando in azoto e steroli, ecc… potendo così gestire la FA come vorranno gli enologi ottenendo un vino sempre uguale. Qua la grande spesa di impianti (flottatori) e di cantina (aggiunte, persone, enologi) per mantenere una qualità alta e standard.

E questa dei flottatori è solo una delle tecniche; basti pensare solo i filtri che vengono usati, stabilizzatori, ecc..

Ma cosa sono le grandi masse e le grandi rese se poi non vengono tramutate in monete sonanti? Nulla, ma Tavernello è riuscita a mettere in piedi una rete di vendita che gli permette di investire e crescere, guadagnando cifre incredibili grazie anche all’assenza di intermediari tra l’azienda e le GDO. Ma di quanto parliamo?

Proviamo a dedurlo. Se nel 2016 mi fossi recato in Sicilia a comprare 1000 hl di Grillo probabilmente avrei speso tra i 0.20 / 0.25 €/litro (si, stiamo parlando di 20 centesimi al litro), mentre se avessi voluto comprare un rosso avrei speso tra i 6 – 8 centesimi di euro/litro in più. I prezzi di produzione del Tavernello non si discostano molto dai prezzi appena visti.

Ipotizziamo che la produzione di un litro di Tavernello bianco possa costare (a farla grande) 0.35 €/litro, troveremo che al supermercato la spesa per acquistare il vino, che molti definiscono da “cucina”, sarà di circa 1 €/litro. Ora fate un po’ i conti per capire quanti soldi riesca a far girare la perfetta macchina di Caviro.

Spesso definito vino da cucina, viene bevuto da molti come vino per pasteggiare, perché è difficile che quel milione e passa di vino venga usato per fare solo ragù o pesce. Ebbene si, il Tavernello viene bevuto, e viene bevuto non perché buono ed eccellente, ma perché di qualità tecnica alta, e quindi un vino che riesce a soddisfare le esigenze implicite (un vino che non ammazzi chi lo bene) ed esplicite (con pochi profumi, sempre uguale, ecc..) dei consumatori.

Per chi è tecnico/riesce ad avere uno “sguardo tecnico” sa di cosa parlo. Uscire con gli amici e denigrare il Tavernello è pratica diffusa, ma diamo a Cesare quel che è di Cesare: Caviro ha fatto un gran lavoro di standardizzazione e vendita del prodotto.

Ogni paese ha i suoi grandi produttori che giustamente lavoreranno per quantità, ma sta a chi lavora per l’eccellenza (i consorzi, le varie IG e DO) spingere per elevarsi ed elevare quel territorio all’eccellenza.

E giusto per ricordare qua di seguito metto i risultati dell’azienda Caviro in termini di Fatturato, ecc.. presi dal sito Report Aziende.

Caviro Fatturato

Buona Lettura

Vino&Viticoltura

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