Correzione Acidità nel Vino

Oggi piccola premessa per introdurre un argomento vasto e complesso. Nei due articoli che seguiranno spiegheremo cosa vorrà dire acidificare e disacidificare un vino.

 

 

Si premette dicendo che la pratica di correzione dell’acidità, in cantina, dovrebbe essere sempre un’eccezione e fatta per annate eccessivamente calde o fredde, in cui il mosto che otteniamo potrebbe avere un pH indesiderato; solo allora è possibile, per l’enologo, tentare di correggerlo.

Quando vogliamo agire su queste caratteristiche è fondamentale tener conto che ogni vino ha le sue caratteristiche e la sua acidità caratteristica e la correzione di acidità andrà fatta sulla base delle caratteristiche organolettiche che si vogliono ottenere per quel determinato vino.

Consideriamo ora i due principali casi:

  • ACIDITÀ ECCESSIVA: il vino si presenta troppo acido e bisogna cercare di alzare il pH. Si lavora solo sul pH DISACIDIFICANDO il mezzo (ex se ho pH 2.7 devo alzarlo). Il limite massimo è di 13.3 meq/l = 1 g/l di acido tartarico;
  • ACIDITÀ BASSA : vino troppo piatto, poco secco, poco fresco; l’acidità bassa (pH alto) da anche problemi di stabilità microbiologica sia per quanto riguarda l’azione acida in senso stretto che l’azione della solforosa (dipendente dal pH del mezzo). Si lavora quindi con l’ACIDIFICAZIONE, dove i limiti massimi sono per i mosti 1,5 mg/L di acido tartarico, nei vini 2,5 di acido tartarico.

 

Ma per effettuare questa modifica di valore gustativo, è meglio intervenire sul mosto o sul vino? CONVIENE SEMPRE AGIRE SUL VINO! Conviene agire sul vino perché nel passaggio da mosto a vino, durante la FA, si modificano vari parametri tra cui il pH, visto il consumo e la produzione degli acidi da parte dei lieviti, senza contare la comparsa dell’alcol. Con il passaggio da mosto a vino si può assistere ad una deacidificazione spontanea causata dalle precipitazioni durante e dopo la FA, e ad un cambio di pH operato dai MO.

I mosti si acidificano solo nel caso di pH veramente alti, come maggiori di 3.4, al fine di favorire la FA dei lieviti ed evitare correzioni troppo spinte sul vino (acidificando il mosto permetto ai lieviti di lavorare meglio.)

Purtroppo, quando parliamo di pH del vino, non si possono dare indicazioni generiche sui valori in quanto ogni vino è diverso; si possono comunque avere dei valori approssimativi, ma non validi sempre nella realtà:

  • 3,1 – 3,4 VINI BIANCHI (< 3,1 gusto troppo acido);
  • 3,3 – 3,6 VINI ROSSI (> 3,6 gusto troppo piatto).

 

Un pH relativamente più basso riesce a conferire proprietà al vino quali:

  1. Gusto fresco;
  2. Stabilità microbiologica e chimica;
  3. Maggiori aromi (esteri e terpeni);
  4. Minor ossidazione dei fenoli e flavonoidi (V. bianchi);
  5. Miglior intensità e tonalità di colore (V. rossi);
  6. Minor necessità di SO2 totale poiché è più attiva a pH bassi.

 

Ci sono poi due scuole di pensiero e utilizzo delle informazioni: in molti vini (esempio vini francesi) che costano molto, si ignora il pH e la quantità di alcool, valori percepiti solo dopo la degustazione, mentre per le cantine più grandi e commerciali si ha un approccio più chimico dove le analisi ed i valori riportati sono precisi e mai mancanti.

Vediamo ora le varie tecniche che si possono usare per compiere la disacidificazione, neutralizzazione e acidificazione del vino.

 

 

  • ACIDIFICAZIONE DEL VINO

 

 

Buona Lettura

 

 

Vino&Viticoltura

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