Storie di vino: Piemonte e Barolo

Siamo poi lieti di annunciare l’arrivo di un collaboratore esterno, il Sign. Pierluigi Celentano, intento a finire i primi esami della FIS (in bocca al lupo) e prossimo autore del blog. Ci tenevamo a ringrazialo pubblicamente per il prezioso aiuto oltre che l’iniezione di fiducia che ha dato con il suo entusiasmo ed il suo lavoro. Nella speranza che questo rapporto possa durare nel tempo, gli facciamo i migliori auguri per questo e per i futuri articoli.

 

 

STORIE DI VINO

Se vi trovate a leggere questo articolo sicuramente sarete appassionati di vino o starete per approcciarvi a questo fantastico mondo.

Io l’ho fatto da più o meno due anni, frequentando un corso di Formazione Professionale con la Fondazione Italiana Sommelier. Fin dal primo giorno coltivo una curiosità e passione senza fine per quello che è l’infinito mondo del vino.

Con questo articolo cercherò di parlare a grandi linee del Piemonte, andando ad analizzare il territorio e vini, per poi concentrare l’attenzione su quello che sono le Langhe ed il Vino di questa zona, il Barolo. Porterò anche una MIA interpretazione di questo vino basata su una degustazione di cinque diverse bottiglie.

Essendo il mio primo articolo e scrivendo apertamente non nascondo che un po’ di timore nel commettere qualche errore c’è.

E parliamoci chiaro, parlando del vino del Piemonte è facile errare, vista la vastità e la complessità dell’argomento, ma è proprio sbagliando che si può raggiungere, a mio avviso, una consapevolezza personale più nitida, cercando di migliorarsi in qualsiasi modo, a qualsiasi costo. Per questo mi scuso fin da adesso per qualche errore e imprecisione, ma allo stesso tempo vi invito a rendere noti errori sia di testo che del tema trattato.

E con l’occasione vorrei ringraziare apertamente il team di Vino&Viticoltura che mi ha dato l’opportunità di condividere qualcosa che a me piace ed appassiona, con la possibilità di sbagliare, confrontarmi con voi altri e migliorare ascoltandovi.

Grazie di cuore,

Pierluigi

STORIA

Ora, sperando di non avervi annoiati, comincerei col parlarvi un po’ della storia di questa fantastica regione e realtà vitivinicola. Storia che, a mio dire, deve essere conosciuta.Le prime testimonianze della coltivazione della vite in Piemonte risalgono a circa 1000 anni prima di Cristo, una storia incredibilmente ampia che pian piano ha portato ad essere il Piemonte quello che è tutt’ora.

Lasciandoci velocemente qualche anno alle spalle giungiamo al periodo delle infiltrazioni galliche, nel 400 a.C circa, le quali posero le basi per quella cultura di matrice “celto-ligure” che influenzò una parte importante della regione, soprattutto al sud, in quei territori che oggi risplendono di fama internazionale grazie alla qualità dei vini prodotti.

Possiamo così individuare una prima viticoltura piemontese di impronta celtica, caratterizzata da piante allevate ad arbusto gallico e dall’utilizzo delle botti di legno come recipiente per la conservazione del vino e del suo successivo trasporto. Quando i Romani allargarono il proprio impero raggiungendo questa regione del Nord Italia, la produzione vinicola non risultava essere solamente un elemento fondamentale dell’agricoltura regionale, ma cominciò ad assumere valenza sempre maggiore per quanto riguardava il crescere del commercio/mercato di appartenenza.

Caduto l’Impero Romano i vigneti cominciarono ad essere devastati e rasi al suolo dalle scorribande dei Goti e dei Borgognoni, i quali confinarono la viticoltura nei tenimenti delle tante abbazie che trovavano spazio nel vasto territorio regionale. Grazie alla tenacia dei tanti monaci, che con forza e passione si dedicarono all’antica liana grazie anche al sapere e tecnologie apprese dai Romani riguardo la sua coltivazione, la vite riuscì a sopravvivere ad uno dei periodi più bui ed instabili, permettendo alla bevanda di continuare il suo percorso fino a noi.

A partire dall’Ottavo secolo la vite cominciò a riprendersi lo spazio che le era stato tolto. Così, intorno all’anno Mille, Asti divenne teatro di una produzione enologica incredibile e lentamente cominciò a farsi strada il vitigno d’eccezione per questa regione, il NEBBIOLO.

[Inizialmente si coltivava a cespuglio basso o a filare nei terreni che venivano definiti “aggricciati”, ovvero caratterizzati da file dove le piante condividevano lo spazio con i cereali.]

Tra il Cinquecento ed il Seicento si susseguirono tecniche di coltivazione, di produzione, di vino e commerci senza precedenti. È un periodo di vero e proprio fermento, al punto che nella seconda metà del Cinquecento Emanuele Filiberto di Savoia dovette istituire i “SOMEGLIERI DI CORTE”, aventi il compito di regolare il consumo di vino all’interno della corte e di elargire le giuste dosi di vino nei maestosissimi banchetti.

Nei decenni successivi gli aristocratici e la corte sabauda furono protagonisti dell’acquisto di ville e tenute agricole, una moda capace di innestare le basi di quella rivoluzione enologica ottocentesca che, più tardi, darà alla luce i più grandi vini della regione.

L’OTTOCENTO: UN PERIODO FONDAMENTALE PER LA RIVOLTA QUALITATIVA DELLA REGIONE

Nel IX Secolo si poté assistere a un sempre più crescente interesse della classe altolocata per la viticoltura, interesse che rese possibile l’avvio di molti esperimenti colturali nei tenimenti delle ville collinari ed a molte cantine, sempre presso le residenze dell’aristocrazia piemontese.

È in questo secolo che presero vita alcuni vini simbolo che cambieranno la sorte di questa regione vitivinicola e, tra questi, incominciò a delinearsi il vino che oggi è il principale, il BAROLO!

BAROLO

Un vino così vecchio, così antico e ricco di storia che nel tempo è cambiato e si è evoluto grazie a una tecnica enologica ed una consapevolezza sempre più sopraffina. Ma, se il vino è cambiato così tanto nel corso del tempo, come poteva essere il barolo a quei tempi? Beh, un’idea forse ce l’abbiamo. Nel 1751 l’allora futuro Presidente degli Stati Uniti, Thomas Jefferson, in un banchetto a Londra fu rapito da un vino inviato da diplomatici piemontesi (che a quel tempo aveva il nome di Barol), tanto da definirlo “quasi amabile come il Bordeaux e vivace come lo Champagne”. Testimonianza che ci fa supporre che i primi Barolo fossero vini dolci e frizzanti. Circa 85 anni dopo l’assaggio di Jefferson, si realizzò la trasformazione del Barol in BAROLO come noi lo conosciamo (anche se nel tempo è continuato a cambiare), grazie ad un’incredibile figura femminile.

[Prima di parlare di questa nobildonna è doveroso introdurre il “Marchese Carlo Tancredi Falletti di Barolo”, il quale sposò nel 1807 Juliette Colbert de Maulevrier (la “Marchesa del Barolo”)]

Nel 1838, quando il Marchese venne a mancare, la giovane donna ereditò le proprietà della famiglia Falletti, tra cui diverse vigne nel territorio di Barolo. Juliette, abituata ai vini di stampo aristocratico francese, non amava il tannico e dolce Barolo, così, certa delle potenzialità di questo vino e del territorio, ingaggiò il famoso e connazionale enologo francese, Louis Oudart, il quale applicò “semplicemente” le tecniche di vinificazione francesi alle uve piemontesi. Da questo esperimento ne uscì un vino austero, potente, longevo, elegante e soprattutto secco. Nasce il “Moderno Barolo”.

Nello stesso periodo, altro celebre protagonista fu Camillo Benso Conte di Cavour, che da Ministro dell’Agricoltura, Commercio e Marina, agevolò la crescita della viticoltura regionale e dell’export dei vini piemontesi segnando una prima epoca d’oro per questo prodotto.

Il Barolo e, più in generale, il vino piemontese cominciarono a riscuotere grande successo sia a livello nazionale che a livello internazionale, fino a quando non giunsero le prime malattie. In primis giunse l’oidio, una malattia fungina, che lentamente cominciò a devastare i vitigni Piemontesi, i quali ricevettero un altro pesantissimo colpo dalla fillossera, artropode arrivato dall’America che portò misera e distruzione in gran parte delle campagne viticole europee.

L’afide giunse in Francia nel 1868 circa, per fare la sua comparsa in Piemonte circa 10 anni dopo, colpendo immediatamente quelli che erano i vigneti del Novarese. Solamente nel 1890 si capì che l’unico rimedio efficace contro il devastante insetto consisteva nell’innestare le piante (nesto) su piede americano (portainnesto). Questo perché l’insetto attaccava l’apparato radicale europeo, provocando la morte della pianta, mentre quello americano aveva ormai creato le sue difese. A peggiorare la situazione fu poi la Peronospora, un oomicete originario del Nord America, che ridusse ulteriormente la superficie vitata regionale.

Alle malattie andarono poi ad aggiungersi i processi di industrializzazione di fine Ottocento, catapultando l’Italia in un periodo di crollo vitivinicolo regionale devastante (migrazione dei contadini verso le zone più industrializzate). Così aristocrazia e piccoli coltivatori si divisero i terreni vitati, evento che permise di gettare le basi per le prime cooperative e le prime aziende imbottigliatrici. Nacque infatti, nel 1934, il CONSORZIO DEL BAROLO & DEL BARBARESCO e si iniziò a puntare di nuovo e con più decisione sulla produzione qualitativa.

Tuttavia la Seconda Guerra Mondiale rallentò il processo di ricostruzione, che seppe ripartire con slancio solo nel dopoguerra, grazie a un incremento delle cooperative e un’attenzione da parte dei produttori ai brand di famiglia e all’identificazione territoriale dei prodotti. È in questo periodo che si gettarono basi solide di quello che è stato e continua ad essere un rinnovamento continuo, iniziato negli anni ’50, del territorio simbolo del vino di qualità italiano.

GEOGRAFIA, TERRITORIO E CLIMA

Aiutandoci con la cartina fisica del Piemonte possiamo notare come ci sia una prevalenza di rilievi, con una buona quantità di zone collinari e una discreta porzione di pianura. La superficie piemontese è, all’incirca, così suddivisa :

  • 43% montagna
  • 33% pianura
  • 24% collina

Anche se secondo questa divisione le aree collinari risultano essere una superficie ridotta della regione, è proprio in queste che ci concentreranno la maggior parte dei vigneti regionali (circa il 93%). Le più importanti aree collinari sono a nord-ovest, quelle del CANAVESE, a sud le LANGHE ed il ROERO, a sud – este dai COLLI TORTONESI, mentre nel cuore della regione troveremo le zone del MONFERRATO e a sud-est dai

Oltre ad una vasta presenza di montagne, uno dei segni distintivi della regione è la presenza di numerosissimi corsi d’acqua, tra cui il famosissimo Po ed i suoi affluenti, senza dimenticare gli specchi d’acqua lacustri del Lago Maggiore, del lago d’Orta e del lago di Viverone.  Il clima della regione, è caratterizzato da profonde differenze legate all’altitudine ed alla latitudine delle diverse zone, ma nel complesso possiamo parlare di un clima “sub-continentale temperato”, con importanti differenze di temperature medie annuali, visti i circa 15°C nel sud della regione, nei pressi di Ovada, e gli 11°C scarsi delle Colline Novaresi. Le precipitazioni sono sicuramente concentrate maggiormente nell’area del Lago Maggiore, sui rilievi appenninici e su quelli alpini della Val d’Ossola. Monferrato e Alessandrino, invece, risultano essere le zone meno piovose.

Al netto delle tante DOCG e DOC possiamo identificare 5 areali di riferimento:

  1. COLLINE NOVARESI
  2. CANAVESE
  3. MONFERRATO
  4. COLLINE TORTONESI
  5. LANGHE E ROERO

Parlare del Piemonte è cosa non facile, soprattutto se si dovesse analizzare ogni tipo di terreno, condizione climatica, vitigno ed ogni possibile produttore vitivinicolo. Per questo abbiamo deciso di centrare l’attenzione su quelle che sono le Langhe, il Consorzio del Barolo, la formazione territoriale dell’areale in questione, per poi focalizzare l’attenzione su 5 incredibili Barolo che ho avuto l’opportunità di degustare.

LANGHE

Le Langhe sono una regione storica del Piemonte situata a cavallo delle province di Cuneo e Asti, confinante con altre regioni storiche piemontesi, quali il Monferrato e il Roero. Costituite da un esteso sistema collinare attraversato da fiumi quali Tanaro, Belbo, Bormida di Millesimo e Bormida di Spigno, l’areale in questione può essere suddiviso per praticità in Bassa Langa, Alta Langa e Langa Astigiana.

  1. BASSA LANGA

Zona compresa fra il fiume Tanaro a nord e il Belbo a sud, con quote solitamente al di sotto dei 600 m. È la zona dell’Albese, dei vini e del tartufo.

  1. ALTA LANGA

Confina con la Liguria, con quote massime di circa 750 m e un picco di 896 m circa nel comune di Mombarcaro. Qui abbiamo un importante predominio boschivo che contribuisce all’economia piemontese grazie alla coltivazione della pregiata varietà di nocciole “tonda gentile delle langhe”.

  1. LANGA ASTIGIANA

Zona nel sud della provincia di Asti, con Canelli a nord e il fiume Bormida di Spigno ad est. Qui le quote massime arrivano a toccare gli 851 m nel comune di Serole.

Ma quando sento parlare di Langhe allo stesso tempo sento risuonare nella mia testa: BAROLO! Uno dei vini che ha fatto sicuramente la storia della regione. Uno dei vini che fa parlare molto di sé, coinvolgendo allo stesso tempo mente e corpo in assaggi leggendari.

C’è da aggiungere che le colline nel quale vengono coltivati i preziosi vigneti che daranno origine al leggendario Barolo, sono nate per sollevamento del mare nel periodo miocenico terziario, processo di formazione che le rende ricche di calcare. Sono comunque note due aree che dividono la zona, le quali presentano innumerevoli differenze per quanto riguarda la composizione pedologica, caratteristica che è alla base delle differenze dei vini prodotti in una piuttosto che nell’altra zona.

Queste due aree si sono formate in due diversi periodi della storia della terra: una zona negli anni del periodo Tortoniano, mentre l’altra nel periodo Elveziano:

  • Colli nati nell’Elveziano, ricco di marne grigie brune molto compatte, vi appartengono i comuni di Serralunga d’Alba, Monforte e Castiglione Falletto. Da queste zone si ottiene un Barolo strutturato, alcolico, atto ad una lunga conservazione;
  • Colli nati nel Tortoniano, ricco di marne azzurre, meno compatte, appartengono i comuni di La Morra e Barolo. Il Barolo ottenuto è meno strutturato, di eccezionale finezza olfattiva e adatto a un invecchiamento più limitato.

La zona di produzione comprende 11 comuni nel territorio delle Langhe: Barolo, Castiglione Falletto, Cherasco, Diano, Grinzane Cavour, La Morra, Monforte, Novello, Roddi, Serralunga, Verduno.

CONSORZIO DI TUTELA DEL BAROLO, BARBARESCO, ALBA LANGHE E ROERO

Parlare delle Langhe senza citare il Consorzio che vigila sulla qualità dei vini provenienti dalla suddetta area sarebbe una grave mancanza. Per questo, prima di entrare nella fase della degustazione, cercheremo di conoscere meglio il “Consorzio di Tutela Barolo, Barbaresco, Alba Langhe e Roero”.

Dal 1934 il Consorzio si occupa di tutelare i Marchi collettivi delle Denominazioni, svolge azione di vigilanza sui mercati, gestisce la politica delle Denominazioni e si occupa dei Disciplinari, promuovendo allo stesso tempo la conoscenza dei Vini ed il loro consumo consapevole, valorizzando i territori d’origine, la storia millenaria e la capacità di interpretare il presente e il futuro con lo stile di ogni singola azienda ma sempre nel rispetto delle tradizioni. È espressione di uomini e donne appassionatamente radicati nelle loro terre e dediti ad una viticoltura collinare di alto livello.

Formalmente si tratta di un’associazione volontaria interprofessionale di aziende produttrici di uve e/o vino, dotata di personalità giuridica, legalmente riconosciuta e ufficialmente incaricata dal Ministero delle Politiche Agricole, Alimentari e Forestali; il consorzio si occupa, attraverso controlli rigorosi su tutta la filiera produttiva, di garantire al consumatore la corrispondenza dei più preziosi vini piemontesi ai severi standard qualitativi fissati dalla legge. L’Ente consortile associa quasi 500 aziende e quindi l’80% della produzione totale delle Denominazioni, che si aggira mediamente su un volume annuo di 60 milioni di bottiglie da 75 cl. e che si origina da vigneti per circa 10000 ettari.

Nato nel 1934 per difendere Barolo e Barbaresco è stato poi più volte rifondato fino a rappresentare l’intero panorama vitivinicolo della zona.

Sicuramente un compito non facile, ma indispensabile per far si che sulle nostre tavole ci siano sempre vini che rappresentino a pieno il Piemonte come regione e le Langhe come Barolo.

IL VITIGNO : IL NEBBIOLO

Il vitigno  che  ha  reso  possibile  la  nascita  di  questo  vino  è  uno  ed  uno  solo : IL NEBBIOLO.

Il Nebbiolo è il vitigno principe delle Langhe, essendo alla base del Barolo del Barbaresco e dei vini del Roero. Il nome deriva dall’abbondante quantità di pruina che ricopre gli acini alla maturazione quasi fossero coperti, appunto, da nebbia. Il primo riferimento della sua coltivazione nelle Langhe è del 1495, dove viene ricordata come una varietà preziosa e citata come “regina delle uve” nel XVII secolo in un’opera del Croce.

Successivamente all’avvento della Fillossera la superficie investita a Nebbiolo si ridusse drasticamente vsito che non venne reimpiantato nei terreni dove non poteva dare prodotti eccellenti per grado alcolico e finezza di tannini. Si tratta di un vitigno, infatti, di un vitigno esigente che vuole terreni collinari senza ristagni di umidità, una buona esposizione ed altitudini comprese tra i 200 e i 400 metri. Essendo un vitigno molto vigoroso e avendo una fertilità delle gemme distale, ha bisogno di forme di allevamento espanse. Un vitigno molto complesso da trattare, un vitigno precoce nella germinazione e per questo soggetto alle possibili gelate primaverili, che in un batter d’occhio rischiano, ogni anni, di provocare danni all’intero vigneto e alla successiva vinificazione.

Sperando di non avervi annoiati, di seguito qualche mia nota di degustazione integrate a quelle del docente. Entriamo ora nella degustazione.

Ricordiamo che il Barolo può essere prodotto solamente in 11 comuni delle Langhe e questi sono:

  1. Barolo
  2. Castiglione Falletto
  3. Serralunga d’Alba
  4. La Morra
  5. Monforte d’Alba
  6. Verduno
  7. Novello
  8. Grinzane Cavour
  9. Diano d’Alba
  10. Roddi
  11. Cherasco

DEGUSTAZIONE

I vini in degustazione sono:

  • PECCHENINO, BAROLO LE COSTE 2011
  • F.LLI ALESSANDRIA, BAROLO MONVIGLIERO 2011
  • MARCARINI, BAROLO BRUNATE 2011
  • F.LLI BARALE, BAROLO CASTELLERO 2011
  • PIO CESARE, BAROLO ORNATO 2011

Stesse annate, ma vini completamente differenti tra loro, provenienti da zone diverse e di conseguenza terroir e condizioni pedoclimatiche distinte.

PECCHENINO, BAROLO LE COSTE 2011

Il primo vino si presenta con un buon rosso granato, oltre che con una buona limpidezza, trasparenza e consistenza. Al naso segue intenso, con una complessità nella media ed una buona finezza aromatica. Tuffandoci in questo potpourri di aromi scorgiamo subito una buona nota fruttata, balsamica e speziata, con i tipici sentori di violetta appassita, frutti rossi in appassimento (prugna), pepe nero, una leggera nota di coriandolo, note di tabacco dolce, china, note di sottobosco e di terra bagnata.Profumi veramente ottimi! Avvicinando il bicchiere alla bocca capiamo fin da subito cosa ci aspetta. Un vino incredibile, secco caldo e morbido, con una buona acidità una buona sapidità, ma soprattutto un tannino ben presente, ma sicuramente molto nobile.

F.LLI ALESSANDRIA, BAROLO MONVIGLIERO 2011

Spostandoci verso nord, nella zona di Monvigliero (comune di Verduno), siamo di fronte al secondo assaggio. All’analisi visiva risulta molto coerente con quello che ci si può aspettare da un Barolo, mentre al naso risulta un po’ timido nella fase iniziale, per poi aprirsi dopo un paio di minuti e lasciarci esterrefatti dai suoi aromi: spezie dolci molto marcate (cannella, coriandolo e leggera nota di vaniglia), china, terra bagnata, un frutto rosso maturo, una leggera nota iodata, note di frutta secca (percettibile la nocciola), note di anice e cacao. Al gusto non delude. Un tannino nobile, una buona intensità e persistenza aromatica giocata su frutta e fiori secchi. Non tralasciando l’accenno mentolato nel finale, chiudiamo questo secondo assaggio.

MARCARINI, BAROLO BRUNATE 2011

Passando al terzo assaggio troviamo un naso ancora più complesso. Frutta rossa matura, terra grassa, frutto croccante, ciliegia sotto spirito, note di muschio, spezie dolci, una nota balsamica ben rilevante, nocciola, note di confettura. Davvero un naso complesso ma allo stesso tempo elegante. Anche questo Barolo in bocca non delude, regalandoci un assaggio sensazionale. Secco, caldo, morbido, fresco e sapido, con un tannino nuovamente delicatissimo, che sembra posarsi sulle nostre gengive come farebbe una farfalla su un fiore. Un’eleganza tannica impressionante. Un vino veramente molto lungo, con un’ottima persistenza al gusto, da dover (ahimè) fermare con un sorso d’acqua per poter passare al quarto assaggio.

F.LLI BARALE, BAROLO CASTELLERO 2011

Il tono granato trasparente preannuncia un quadro di nobile eleganza, che trova risposta al naso con note di frutta croccante (prugna e ciliegia), sentori di arancia sanguinella, un leggero accenno selvatico, fiori di peonia, violetta, note eleganti di liquirizia, china ed erbe officinali, miele di castagno e anche una leggera nota di bergamotto. Al palato si mostra caldo, morbido, con un tannino anche questa volta senza pecche, anzi. Equilibrato e generoso, con una lunga persistenza al gusto. Sicuramente un vino da riprovare tra una decina di anni. Un vino che ha molto ancora da esprimere.

PIO CESARE, BAROLO ORNATO 2011

All’ultimo assaggio siamo di fronte ad un’etichetta che non dovrebbe mancare nella cantina di tutti noi “Winelovers”. Il Barolo Ornato 2011 di Pio Cesare. Si presenta granato tenue, tendente al mattone. Al naso l’aroma è ampio e complesso, con note di gesso, incenso, cacao, una leggera nota tartufata, sottobosco, fogliame, frutta sciroppata, spezie e leggeri sentori balsamici, un accenno leggerissimo di goudron. Un naso incredibile. Il gusto è pulito, lungo, caldo, equilibrato, persistente, con un tannino incredibilmente elegante e una sapidità controbilanciata da un’ottima acidità. In bocca giungono le ultime sensazioni sono ferrose e minerali, con un finale che lascia spazio a note speziate e liquirizia. Nel complesso un vino che potrebbe essere descritto con sole due parole : GRANDE ELEGANZA!

Ovviamente 5 grandi vini. Vini che sarebbero da acquistare e goderseli tra qualche anno, anche se personalmente sono più per la condivisione, ora e in compagnia, senza incorrere nel rischio che questi colossi enologici vadano persi nelle nostre improvvisate cantine.

Quindi giungo a due conclusioni. La prima è che se avete una cantina, e qualche soldo da investire… fatevi un regalino 😉

La seconda, è che se non ne avete una fatevi invitare da chi ce l’ha!

Buona Lettura

Pierluigi

Vino&Viticoltura

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